Negli ultimi anni i videogiocatori di tutto il mondo si sono trovati a fare i conti con alcune cocenti delusioni. Nonostante la tecnologia avanzi e con essa migliorino anche i titoli proposti, capita che videogiochi celebrati prima dell’uscita finiscano per non mantenere le promesse. Il caso più recente è sicuramente quello di Cyberpunk 2077, ma prima di lui, c’è stato No Man Sky.

Per un giocatore è frustrante sprecare denaro a causa di promesse non mantenute o vere e proprie bugie. Ma un sentimento simile lo possono provare anche alcuni sviluppatori di videogiochi. Quelli più piccoli magari, che si dedicano ai loro progetti con passione ed emergono per la qualità dei loro prodotti.

Lo sfogo

È probabile che si senta così anche Thomas Mahler, director di Ori and the Blind Forest, che in un lungo post su Resetera (importante forum dell’industria videoludica) si è scagliato contro alcuni suoi colleghi, definendoli “Snake oil salesman”, venditori di fumo, truffatori.

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Thomas Mahler

In sintesi il ragionamento di Mahler è questo. Da più di un decennio nell’industria videoludica si sta coltivando una cultura dell’hype che vende i videogiochi prima che siano finiti. Gli sviluppatori ingannano i videogiocatori con trailer e interviste che descrivono un prodotto che non c’è.

Il tutto avviene con il tacito consenso nel migliore dei casi, o più spesso con l’attiva partecipazione della stampa specialistica, pronta a piegarsi a queste logiche pur di fare due click in più. E gli stessi clienti, regolarmente truffati, non battono ciglio.

Nomi e cognomi

Sean Murray, creatore di No Man’s SkyMahler non resta sul generico però, fa nomi e cognomi, partendo da quello che ritiene il padre di questa tecnica: Peter Molyneux. Il creatore della serie di Fable è accusato di solamente iniziato la pratica dell’hype, ma il vero maestro che l’ha perfezionata sarebbe Sean Murray.

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Sean Murray, creatore di No Man’s Sky

Il creatore di No Man Sky non solo avrebbe creato un gioco del tutto diverso da quello che descriveva, arrivando a pochi giorni prima della pubblicazione a tessere le lodi “di un multyplayer che nemmeno esisteva”. Ma a differenza di Molyneux, che alla lunga ha perso parte della sua credibilità, Murray è riuscito con gli aggiornamenti a far dimenticare le bugie con cui ha venduto il suo titolo.

Ma sotto il fuoco indiscriminato di Mahler ci finisce anche CD Projekt Red, a causa ovviamente del gioco più discusso di questi mesi: Cyberpunk 2077. La software house polacca è accusata di aver usato lo stesso metodo di Murray, promettendo “Sci-Fi GTA in prima persona”per poi pubblicare un gioco pieno di bug e molto diverso.

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La differenza tra PC e console, uno dei tanti problemi di Cyberpunk 2077

Aria Fritta

Il ragionamento di Mahler, sicuramente dettato dalla frustrazione, colpisce indubbiamente nel segno di uno dei problemi dell’industria. Individua anche una caratteristica comune a questi giochi-aria fritta, quella di essere pubblicizzati come titoli in cui “Puoi fare tutto”.

Questa pratica, questa cultura dell’hype, è forse ai limiti della truffa e sta indubbiamente intaccando il rapporto tra giocatori e sviluppatori, anche in un caso come quello di CD Projekt Red, in cui la software house è amatissima. Insomma, per dirlo con le parole piuttosto dirette di Mahler:

“Non mi interessa se l’aria fritta è effettivamente buona. Non vendermi feature che non ci sono. Non dipingermi un quadro che non corrisponde alla realtà. Non prendermi per il culo”