Ho visto in anteprima i primi sei episodi della quarta stagione di Stranger Things, dopo una maratona forzata per rivedere tutte le puntate precedenti. Mi ricordavo poco e niente, soprattutto della terza stagione, di cui mi tornava in mente solo quanto non mi fosse piaciuta. La sottotrama delle spie russe e tutta la smielosa love story adolescenziale non mi aveva per nulla colpito. La seconda visione è andata meglio ed ho apprezzato di più le puntate, ma guardavo comunque agli episodi in anteprima con un certo scetticismo.

NB: Proprio quando avevo terminato la mia mini-maratona, Netflix ha rilasciato anche il settimo episodio, più lungo degli altri e conclusivo del Volume I della quarta stagione. La visione di quest’ultimo per me ha cambiato un po’ le carte in tavola, oltre a costringermi a riscrivere parte dell’articolo allungando i tempi (sigh).

Stranger Things Stagione 4: tante storie, tanti personaggi, tanti dubbi

Dove vuole andare a parare Stranger Things? È una serie sul soprannaturale mixato alla vita reale? Un fantasy vero e proprio? Un teen drama, un po’ come quello inserito nella puntata dei Griffin in cui tutti erano giovani e belli e c’erano fascinosi lupi mannari? Non restava che dedicarsi al binge watching delle nuove puntate per capirlo. E l’ho fatto senza tirarmi indietro, finendole praticamente tutte in un giorno, mangiando patatine e tenendo le luci spente (un po’ per aumentare la tensione ma anche perché certe scene sono così scure da renderlo necessario per capirci qualcosa).

Stranger Things Stagione 4

La quarta stagione di Stranger Things aggiunge nuovi personaggi senza togliere pressoché nessuno dei precedenti, richiamando anzi vecchi nomi che pensavamo essere andati via per sempre. Il risultato è una Woodstock di gente, un gruppone di storyline che si intrecciano ma restano in buona parte separate. Eleven, Will, Joyce e Jonathan all’inizio della stagione sono in California, mentre il restante gruppo di giovani protagonisti è rimasto ad Hawkins, e le loro vite sono ben diverse. La quotidianità di Eleven si è trasformata in quella di una povera vittima dei bulli, che la tormentano costantemente al liceo, a causa della sua stranezza e introversione. Non ha più i poteri ESP, persi alla fine della stagione precedente durante la battaglia finale, e ciò la rende del tutto incapace di difendersi: non risponde, non reagisce se non provando ad usare la telecinesi per colpire i compagni di classe, fallendo miseramente. L’inizio della quarta stagione perciò è abbastanza deprimente per quanto la riguarda, nonché un vero e proprio crescendo in stile di Carrie nel quale si è portati a sperare che magicamente torni in grado di far volare roba e schianti i bulli. Non una cosa molto educativa a pensarci, in sostanza viene spontaneo augurarsi che ci sia un po’ di sana violenza. Man mano Eleven comprende il suo ruolo nella battaglia contro le forze oscure e viene di nuovo reclutata in un laboratorio segreto per un allenamento d’urto. Molto d’urto. Ciò che dovrà affrontare (e scoprire) non è per nulla gradevole e di nuovo il suo personaggio si ritrova a fare da cavia e a provare a ribellarsi. Un discreto passo indietro, che spero venga superato nel Volume II, poiché ho davvero poco apprezzato la sua nuova storyline. L’episodio finale del Volume I comunque ci chiarisce le idee ed è di grande impatto emotivo: mi è piaciuto davvero parecchio. Non mi ha shockata né sorpresa più di tanto, ma è davvero un bel vedere.

Gli altri personaggi sono messi meglio, o peggio a seconda dei punti di vista. Gli adulti, in questo caso Joyce e Murray che in effetti hanno spesso meno maturità di un babyclub, sono invischiati in pieno nella sotto-trama dei russi, che qui acquisisce ancora più spazio. Sarà che sto riguardando The Americans in questo periodo, ma stavolta non mi è dispiaciuta questa deviazione geografica. Le scene in Russia sono, come da tradizione della serie TV, colorate di un bluastro che fa capire che lì fa tanto tanto freddo (fossero in Sud America sarebbe invece tutto giallastro). E ovviamente c’è Hopper, come avevamo capito praticamente fin da subito. Dimagrito, temprato dalle avversità e pronto a lottare, il suo personaggio mi sta davvero piacendo, ma non ha ancora combinato granché di definito negli episodi che ho visto in anteprima, ad eccezione che nel gran finale, dove dà davvero il meglio di sé. C’è molto da costruire nel secondo Volume, ma promette davvero bene.

 

E tutti gli altri? Il gruppo che include i miei preferiti, tra cui Dustin, Steve, Maxie, Nancy e Robin, è quello che è effettivamente coinvolto nella trama principale, che pare uscita direttamente da Sabrina mixata con The Haunting of Hill House. Lo vedrete da soli dopo pochi minuti di visione: il nuovo nemico sembra più un poltergeist malefico, e poi un demone o un fantasma, rispetto alle bestiacce delle stagioni precedenti. Il tutto si basa sulla maledizione di un poveraccio prescelto dal demone, che inizia ad avere emicranie, poi incubi, visioni e alla fine muore orribilmente senza grande capacità di scampo. Una volta marchiati, in una specie di Final Destination, pare non esserci fuga da tale destino. Le loro indagini portano i ragazzi a visitare case stregate, manicomi e cimiteri, in perfetto stile delle serie TV che ho nominato e da cui questa stagione sembra prendere ispirazione. Che sia un male o un bene non so giudicarlo, fatto sta che l’atmosfera mi sembra diversa dagli episodi degli anni passati e ciò non mi è dispiaciuto per tutto. È ovviamente tutto collegato al Sottosopra e il filo logico c’è eccome, ma non si può negare il cambio di passo: il mostro qui ha un intelletto ben visibile…e crudele.

Ma la nuova minaccia non è riuscita a mettermi ansia come le precedenti, probabilmente perché (per ora) colpisce una vittima alla volta e non è nemmeno visibile ad occhio nudo nel mondo reale dagli altri. Non un grande effetto scenico, no? Anche in questo caso però è presto per parlare, poiché tantissimi elementi sono ben lontani da essere chiari e vengono esplorati nel finale del Volume I grazie al settimo episodio e immagino in seguito in quelli inediti. I primi sei sono comunque più che sufficienti per godersi l’atmosfera da horror demoniaco classico, condito da una vera e propria caccia alle streghe da parte dei cittadini di Hawkins, stufi di tutto il casino e decisi a prendersela con i veri colpevoli: i giocatori di D&D ovviamente.

Ciò che ho apprezzato particolarmente è il buon bilanciamento tra le varie storyline e la presenza di romanticismo molto ben dosato e non invadente come nella terza stagione. C’è altro a cui pensare insomma, ma c’è comunque parecchio spazio per far intuire i sentimenti dei vari protagonisti: ben fatto! Tollero meno invece il fatto che tutto sia (nuovamente) lasciato in mano ad un manipolo di ragazzini, stavolta anche senza l’aiuto dei 2-3 adulti presente, e trovo davvero poco credibile quanto riescano a scoprire da soli. Non che chieda a Stranger Things il realismo, sia chiaro. Il plot armor poi ha raggiunto livelli davvero clamorosi ed è una cosa che non riesco mai a sopportare nelle serie TV e nei film. Prego che il finale della stagione non mi faccia infuriare, da questo punto di vista.

La recitazione è al livello delle stagioni precedenti. Apprezzo molti deli membri del cast e trovo che tra i più giovani ci siano attori davvero credibili e divertenti, come Gaten Matarazzo o Joe Keery. Brett Gelman mi fa morire dal ridere ogni volta che compare sullo schermo ed è una certezza. Alcuni personaggi sono decisamente più piatti di altri, tra cui Lucas e Jonathan, ma è più un problema legato a come sono scritti: pare quasi che siano lì per caso e che ogni tot minuti lo sceneggiatore si ricordi di far fare loro qualcosa di rilevante. Devo ammettere di non essere una fan di Millie Bobby Brown. Ma forse è proprio il personaggio di Eleven che non riesco a digerire, per le sue continue fluttuazioni tra disperazione e rabbia. Spero vivamente in qualcosa che mi stupisca al riguardo nelle ultime puntate, poiché vederla indifesa e al contempo così aggressiva e frustrata, non mi ha divertito. Va compresa la difficoltà del suo passato, che peraltro peggiora ad ogni flash-back che vediamo, ma vorrei vedere una crescita del personaggio che non sia solo un “ora è in grado di muovere intere montagne!”.

Stranger Things Stagione 4

Fotografia e musica sono come sempre molto curate ed è evidente come attenzione (e soldi) vengano riversati nella produzione di Stranger Things. La soundtrack è anche migliore delle stagioni precedenti e mi è piaciuta davvero tantissimo. Le creature in CGI sono meh: non che siano brutte di per sé, è proprio il loro design che non mi convince al 100%. Fanno comunque prendere un bello spavento quando appaiono dal nulla sullo schermo, ma sono altre componenti a ispirare più ansia, come luci che sfarfallano, orologi che ticchettano o loschi rumori ambientali.

Il giudizio definitivo? Non lo so. Giudicare una serie vedendo solo il primo Volume è ovviamente impossibile, ci si può fare solo un’idea generale. La quarta stagione di Stranger Things punta in alto, mettendo in campo tanti attori e numerose (troppe? Direi di no) storyline in contemporanea e tralasciando il teen romance che tanto aveva rotto le scatole in precedenza. Costruisce buone fondamenta per uno sviluppo interessante nel finale e tutto è ancora da giocarsi. Il mio parere è molto migliorato dopo la visione del settimo episodio, che pur non sconvolgendomi mi ha intrattenuto, commosso e chiarito molto le idee. Non vedo l’ora di vedere le ultime due, lunghissime, puntate.