La seconda stagione di After Life, serie di Ricky Gervais distribuita su Netflix, è in arrivo il 24 aprile. Ecco alcune considerazioni sui primi tre episodi, a cui ho avuto accesso in anteprima.

La nuova stagione riprende più o meno da dove eravamo rimasti l’ultima volta, con Tony (Ricky Gervais) che sta combattendo la grave depressione causata dalla morte della moglie (Kerry Godliman). Il suo tentativo di riconciliarsi col mondo alla fine della scorsa stagione ha dato qualche frutto, ma il protagonista non ha ancora elaborato il lutto e continua a tenere a distanza i suoi cari, inoltre il giornale per cui lavora continua a stare a galla con fatica. Dopo essere uscito con Emma (Ashley Jensen) si rende conto di non essere pronto ad iniziare una relazione, e i due decidono di rimanere amici. Questo finché durante una visita al padre (David Bradley), ricoverato nella clinica dove lavora Emma, Tony nota un uomo flirtare vistosamente con lei, e si abbandona ad atteggiamenti meschini.
Nel frattempo il cognato (Tom Basden), anche direttore del giornale dove lavora, sta divorziando, ed è in cura presso il peggiore psicologo sulla faccia della Terra. Ma tra la negatività generale ci sono anche note positive, come il rapporto di Tony col bizzarro postino Pat (Joe Wilkinson), e la sua amicizia con la prostituta Roxy (Roisin Conaty).
Da queste prime tre puntate non è ancora chiaro l’indirizzo della serie: il più grande passo avanti per Tony è l’apparente rinuncia alle sue ideazioni suicidarie, ma continua a tenere a distanza tutte le persone importanti nella sua vita.

Anche stavolta Ricky Gervais fa tutto: produce, scrive, dirige e interpreta anche il protagonista di After Life. Gli aspetti tecnici sono più che accettabili, la regia è molto semplice ma fa il suo lavoro. La scrittura ha alti e bassi, in alcuni momenti le riflessioni di Tony sono toccanti se non commoventi, in altri invece è tutto talmente over the top che non c’è più nemmeno una parvenza di sospensione dell’incredulità. Si passa dalle interazioni genuine e sinceramente empatiche con personaggi secondari, specialmente durante le interviste condotte per il giornale locale, a gente insopportabile la cui unica funzione è giustificare l’irritazione del protagonista. In diversi punti si capisce che Ricky Gervais non ha certo bisogno di forzare così tanto la mano per far ridere, anche se in modo amaro, quindi non è chiara la necessità di inserire personaggi che sono palesemente degli strawman viventi di tutto quello che non piace all’autore. Che siano psicologi, hippie new age, gente che crede agli oroscopi o al paranormale, sono tutti messi lì per essere presi a pesci in faccia. È così sopra che le righe che certi personaggi non sono salvabili nemmeno dalle ottime interpretazioni degli attori. Kath la scema dell’ufficio è uno dei maggiori colpevoli: interpretata da Diane Morgan, attrice comica inglese famosa per i suoi ruoli da imbecille inconsapevole, continua ad essere esclusivamente irritante, senza alcuna verve, e le sue esternazioni non hanno nemmeno tempismo comico.

Quello che la serie riesce a rendere al meglio sono di nuovo i lati più “umani” dei personaggi, il disagio profondo di una piccola cittadina inglese che si sta spopolando e in cui le aspettative dei residenti sono sempre più basse. La vita di Tony è oggettivamente migliore rispetto a quella di molti dei suoi concittadini, lui stesso se ne rende conto, eppure loro continuano a sopravvivere, mentre lui non riesce più a trovare alcuno stimolo dalla morte della moglie. Una dinamica purtroppo realistica, in cui alla depressione si aggiunge il senso di colpa. A volte lo show potrebbe essere più sottile in merito, ma renderlo palese comunque non inficia il messaggio di fondo: la depressione fa stare male te e chi ti sta vicino, ma non si “guarisce” solo perché lo vuoi.
After Life si conferma una serie gradevole, a tratti bizzarra, con un’atmosfera incerta tra la speranza di una nuova vita e l’angoscia che invece il dolore non passi, e potrà risonare particolarmente con chi ha sofferto di depressione o per un lutto come quello di Tony.