Non per vantarmi, ma già durante i primi giorni di febbraio sostenevo che il modo migliore per affrontare questo 2020 sarebbe stato quello di procedere per inerzia fino al 31 dicembre, festeggiare nuovamente l’inizio del decennio e procedere come se nulla fosse. Un soft reset temporale, o un anno bonus per tutti, cancellato dalle pagine della storia. Perché affrontare i problemi quando puoi fingere che non esistano? Incredibilmente, questa linea di pensiero così matura e coraggiosa nei confronti della vita si è però rivelata inefficace di fronte a un 2020 che sembra procedere in maniera sempre più aspra, rendendo lampante che gli strascichi di questo difficoltoso anno andranno ben oltre la fine dello stesso.
È vero, si sta tornando a una sorta di normalità, eppure non riesco a non pensare che tutto questo sia fondamentalmente una grossa fregatura. Badate, non parlo di complotti o machiavellici ingarbugliamenti della realtà, ne faccio piuttosto un semplice discorso di “do ut des”. Il bambino che è in me, che come avrete intuito sbriga il grosso delle faccende all’interno della mia psiche, ha giustappunto sottolineato il fatto che pur dovendo tornare a fare i conti con la realtà, e dunque tornare a lavoro e smetterla di vivere chiusi in un bozzolo protetti da tutte le cose brutte e crudeli che aspettano all’esterno e smetterla di affrontare ogni giorno come parte di un loop in cui il tempo non scorre mai veramente in avanti, non ci sia stata nessuna contropartita. Andando a stringere: in questa fase abbiamo dovuto far di nuovo conto ai nostri doveri (e vabbè) ma il diritto di spassarcela rimane ancora pesantemente fiaccato da tutte le normative e direttive – sacrosante, per carità – che mutilano e affossano i momenti di puro svago.
Il tutto si può anche trasporre in “Ok, io mi comporto da adulto inserito nella società, ma a ME, cosa viene in tasca?”. Per tutti gli appassionati di videogiochi tale pensiero prende forma, fra le altre cose, nella cancellazione o trasformazione degli eventi mediatici più importanti dell’anno, come l’E3, la Gamescom e il Tokyo Game Show. Un duro colpo sia per chi non vedeva l’ora di prendere lo zaino in spalla e partire alla volta delle esotiche mete che ospitano le kermesse, sia per chi, comodamente dagli spalti casalinghi, aveva preventivato di gustarsi il turbine di annunci e presentazioni che caratterizzano il periodo estivo del media video-ludico. Non tutto è perduto ovviamente, gli appuntamenti continuano a fioccare e non mancano le occasioni per ritrovarsi – anche solo virtualmente -con amici per far caciara di fronte a uno schermo, eppure…
Summer Time
Specifico che non voglio dire a nessuno come fare il proprio lavoro, ma c’è qualcosa di questo “periodo E3” che non convince. La mancanza di un punto di riferimento, di uno “stendardo mediatico” sotto al quale i vari publisher possano unirsi e così avere più risonanza fra il pubblico, presentando i propri progetti all’interno di un unico grande evento spalmato su più giornate, sta sicuramente causando qualche corto-circuito nella fruizione di queste presentazioni. Non solo bisogna destreggiarsi fra varie “etichette”, come il Summer Game Fest e il Summer of Gaming (sono passati svariati giorni prima che mi rendessi conto che fossero due cose diverse), il Guerrilla Collective, il Paradox Insider, il Future Game Show e i singoli eventi riguardanti specifici publisher come lo EA Play o addirittura specifici titoli, come l’evento dedicato a Cyberpunk 2077, ma il tutto risulta estremamente frammentato e diluito in maniera che l’appeal di questo “tour estivo” non riesca a conquistare adeguatamente. Anche in redazione, qualche momento di confusione c’è stato, dovuto proprio alla scelta di un modus operandi non completamente a fuoco.
In sostanza, la carne al fuoco c’è, eppure la percezione è in qualche modo diametralmente opposta, causata appunto dalla mancanza di un fil rouge che possa collegare tutti questi eventi in maniera ordinata. Sebbene sia presto per parlare di ciò che ci attende nei prossimi mesi del 2020, è probabile che la gestione della Gamescom 2020 risulti molto più digeribile, essendo stata annunciata una trasposizione digitale della fiera tedesca, che dovrebbe dunque riuscire a coordinare al meglio i vari elementi da presentare al pubblico, complice sì il fatto che di base siano meno numerosi, ma soprattutto per aver scelto di mantenere intatto lo spirito del convegno stesso, che dovrebbe rimanere dunque più solido e accattivante.
Guerra Fredda
Nonostante il web sia già esploso nel commentare nei modi più disparati ed esilaranti il design di PS5 subito dopo la serata dello scorso 11 giugno, il mancato appuntamento con la rivale Microsoft, che si terrà ora a luglio, ha causato una rottura in ciò che tutti attendiamo più di ogni altra cosa: la dolcissima console war. Quello splendido tripudio di meme, tweet al vetriolo e ammiccamenti da palcoscenico che da sempre rendono esaltante l’E3 e i suoi contenuti. Guardare lo show di apertura di Microsoft per poi attendere la risposta di Sony nel cuore della notte successiva, i ritmi teatrali dei loro portavoce e in generale quell’atmosfera così festosa e al tempo stesso ansiogena che si respira prima di ogni reveal, si è quasi completamente persa e difficilmente possiamo aspettarci di ritrovarla in tempi brevi.
Tutte le scelte operate da publisher e colossi dell’industria sono assolutamente encomiabili o quantomeno comprensibili, considerate le varie problematiche, anche piuttosto forti e perfino sanguinose, che affliggono gli USA in questo periodo (e in generale tutto il mondo), di conseguenza non vuole essere certamente una critica questa, quanto un riflesso di quanto tempi e modi adoperati per mostrarsi al pubblico siano a volte più importanti dei contenuti stessi che si hanno da presentare. Gli elementi sono tutti in gioco insomma, eppure, la dilatazione dei tempi e l’eccesso di sobrietà di questi appuntamenti non possono che rendere il tutto meno brillante e immersivo, facendo perdere smalto ai momenti più belli dell’anno per chi ama i videogiochi.
Senza le luci della ribalta
Insomma, pur essendo in quell’idilliaco periodo pre next-gen, risulta difficile lasciarsi andare alla parte più emotiva, sognante e speculatrice che dovrebbe caratterizzare questo prezioso momento storico. È pur vero che attualmente è stata solo Sony a mostrare – quasi – tutte le sue carte, Microsoft mostrerà i suoi assi solamente fra un mese e Nintendo, come di consueto, sembra giocare in solitaria, senza voler svelare quando il suo Direct arriverà a presentare il futuro della sua console ibrida, di conseguenza c’è spazio per molte sorprese. Eppure, in qualche modo è chiaro che il 2020 abbia colpito anche in questo e che, probabilmente, l’occasione di sentire quel feeling unico proprio dell’avvento della nuova generazione.
Ora vi starete forse chiedendo se questo pezzo sia stato generato davvero da uno sterile capriccio infantile, e la risposta è “Beh, certo che sì.” ma è anche una piccola riflessione di quanto la passione legata ai videogiochi non sia esclusivamente legata all’atto del gioco in sé, ma anche di tutto ciò che le gravita intorno. Discussioni e speculazioni fra amici, attese tradite, urla di trionfo, silenzi attoniti, levatacce e tutto ciò che caratterizza il “dietro le quinte” dell’universo gaming, che mai come in questo 2020 risulta meno accessorio e più importante che mai, dato che, come al solito, riconosciamo veramente il valore di una cosa solo quando ci viene a mancare.