In un modo o nell’altro, almeno una volta nella propria vita, chiunque ha sentito parlare delle vicende di Re Artù e del regno di Camelot. Esistono centinaia di versioni diverse di questo popolare racconto e, come ben sapranno gli appassionati, è impossibile determinare quali siano gli originali e quali le imitazioni. Quello che però possiamo affermare con certezza è che la spada della roccia e la tavola rotonda esercitano tutt’oggi lo stesso fascino che probabilmente avevano all’epoca dei primi cantastorie, stimolando la fantasia e l’entusiasmo tanto dei grandi quanto dei piccini. Arriviamo quindi a parlare di Cursed, una serie TV promossa da Netflix e basata sull’omonimo romanzo di Frank Miller e Tom Wheeler, approdato nelle librerie lo scorso anno. In questa versione della storia, seguiamo il viaggio tormentato di Nimue, una giovane eroina destinata a diventare la potente Signora del Lago.  Ho avuto la possibilità di visionare l’intero adattamento televisivo in anteprima, e sono pronto a dirvi la mia opinione.

L’estinzione della magia

Togliamoci subito il fastidio: come ho trovato Cursed? Se siete giunti qui pregustando un delizioso piatto di fantasia e tragedia, ciò che sto per dire vi toglierà probabilmente l’appetito. Questa serie è confusa, esagerata, insensata a tratti, e raramente in grado di cogliere nel segno. Da profondo appassionato di dark fantasy ed epopee cavalleresche, posso con sicurezza affermare che mai ho urlato allo schermo tanto quanto durante la visione di questa matassa di insicurezza e cliché. È però tutto quanto da buttare? Assolutamente no. Ci sono molti momenti in cui questa scombussolata rivisitazione riesce a strappare un sorriso e genuinamente catturare lo spettatore, rari momenti che però vengono immediatamente frantumati per tornare a calcare le orme del ‘già visto’, quasi come un cucciolo che mostra il suo bellissimo musetto per poi scappare nella sua tana quando provi ad avvicinarti. Paura di uscire dai canoni tradizionali, oppure rari e fortunati incidenti in quella che è una sceneggiatura mediocre? Non posso sapere la risposta, mi rimane solo l’amaro sapore in bocca di un’opera che possiede un incredibile potenziale, ma non lo sa sfruttare. Ora che ho snocciolato il succo del nostro giudizio, addentriamoci più nel dettaglio. Ci sarà da divertirsi.

Cursed

Maledetta di nome e di fatto

Il primo, gigantesco problema di Cursed lo troviamo nella sua protagonista, Nimue, che possiamo anche definire come una delle eroine più mal riuscite della storia della piattaforma. Alcuni avevano già ironicamente temuto il peggio al sapere che Katherine Langford (Hannah Baker di Tredici) avrebbe interpretato il personaggio principale della serie, ma posso affermare che la sua interpretazione è il minore dei problemi. Tutto ciò che ruota attorno alla triste vicenda della strega fey è costernato da cliché visti e rivisti, ragionamenti illogici posti al totale servizio della trama e, dulcis in fundo, una plot armor talmente spessa da far invidia a Sir Gawain. Tutto deriva dal maldestro tentativo di creare un’eroina tragica: una fanciulla che per salvare sé stessa e il proprio popolo si trova costretta a prendere difficili decisioni che, al termine del viaggio, la condurranno verso un triste quanto inevitabile destino. Quest’ultimo è proprio ciò che rende emozionanti e coinvolgenti questi protagonisti, un obiettivo che con Nimue non è stato purtroppo raggiunto. La protagonista alterna infatti pessime decisioni di vita, che potevano essere tranquillamente evitate, a inspiegabili momenti di gloria dove chiunque sembra invaghirsi di lei e trattarla come la salvatrice che non ha minimamente dimostrato di essere. Il tortuoso percorso che ho descritto poc’anzi non si riesce a vedere, sostituito dal ben più tragico (per lo spettatore) dipinto di una ragazza che commette errori su errori, per poi venire ingiustamente premiata per una sola e semplice ragione: è la protagonista. Mi dispiace, novella Signora del Lago, ma la tua storia non è altro che un grosso buco nell’acqua.

Voglio più Pym nella mia vita

A peggiorare ulteriormente la situazione è la presenza di personaggi secondari che, con il minimo sforzo e ruolo, riescono a elevarsi intere spanne sopra la nostra strega. Basti guardare al personaggio di Pym, la migliore amica di Nimue interpretata egregiamente da Lily Newmark. In un mondo dove ognuno tenta di essere più coatto del prossimo, l’assurdità della vicenda della giovane ragazza, che tocca il lato più puro della comicità senza togliere spessore agli avvenimenti, è una manna dal cielo che mi fa sognare di poter avere un intero racconto solo su di lei. Il suo modo di fare goffo, imprudente e distaccato dona leggerezza a una serie che spesso cade nell’errore di prendersi troppo sul serio. Oltre però alla dolcezza di Pym, l’altro posto di onore nell’Olimpo di Cursed va all’antagonista assoluto: i Paladini Rossi. Se ho lodato Newmark per la sua capacità di strappare risate al pubblico, la scrittura cruda, realistica e terrificante dei servitori della Chiesa e della loro morbosa ossessione per la purificazione e il potere è estremamente convincente. La loro crociata contro la stregoneria, che porta con sé molti paralleli con le crudeltà a cui abbiamo assistito nel corso della nostra storia, si distacca del tutto dal fantasy e mette piede nel crudele realismo di chi compie atrocità nel nome di un fantomatico ‘bene superiore’, che in realtà altro non è se non desiderio di ricchezza e sovranità. Certo, non tutto è oro ciò che luccica, e pure queste due figure cadono vittima di luoghi comuni e insensatezza quando la trama lo richiede.

Cursed

Il vero villain

La trama può essere infatti definita come l’antagonista principale di tutto, il vero detentore del potere e fonte di tutto ciò che stona in Cursed. L’intera serie, dalle scelte dei personaggi alle esagerazioni, sembra essere al servizio della storia e dei suoi scopi. Non manca di vedere personaggi teletrasportarsi improvvisamente da un luogo all’altro, oppure impavidi assassini trasformarsi in innocui agnelli, se ciò è necessario per far sì che Nimue (o chi per lei) raggiunga l’obiettivo prefissato. Certi avvenimenti sono così apertamente assurdi che non ci credereste, se ve li raccontassi. Il fondo del baratro viene infine toccato dai “colpi di scena”, che nascondono spesso alle spalle una costruzione senza un minimo di senso al solo scopo di stupire lo spettatore, o farlo arrabbiare, come più spesso capita. E dove tutto il resto fallisce, ci pensa un po’ di sano Deus Ex Machina per salvare i nostri protagonisti e permettere loro di volare verso la prossima destinazione che noi, pubblico, sappiamo già raggiungeranno. Questo perché i continui interventi ‘divini’ e l’eccessiva plot armor rimuovono qualunque tipo di coinvolgimento emotivo possiamo aver maturato verso Nimue e i suoi compagni. Veniamo abituati troppo facilmente all’idea che tutto andrà a finire bene, perché tutto va sempre a finire bene e con quasi zero conseguenze per i personaggi coinvolti, tanto che arriviamo a essere in grado di prevedere il risvolto di qualunque conflitto – con qualche fortuita eccezione. Ed è così che ci ritroviamo senza volerlo a tifare per gli antagonisti. Non che ci sia da stupirsi.

Una spada che rimane nella roccia

In conclusione, Cursed è una serie con un grandissimo potenziale, che preferisce però buttare alle ortiche per coccolare dei personaggi che di eroi hanno solo il nome, e talvolta immeritato. I cliché, le assurdità e la plot armor rendono quasi impossibile affezionarsi o provare coinvolgimento verso questa tragica storia, i cui punti di forza rimangono tristemente e costantemente in secondo piano. Il finale lascia intendere l’arrivo di una seconda stagione che, nonostante tutti i problemi, spero arrivi e sia in grado dimostrare il vero potere delle visioni degli autori, senza nascondersi dietro al trito e ritrito alla ricerca di un qualche tipo di sicurezza. In sostanza, Cursed non è una serie per gli amanti del ciclo arturiano, né per coloro che cercano il prossimo capolavoro del dark fantasy: guardatela solo se siete genuinamente interessati, non ponetevi grandi aspettative, e potreste trovare un’opera che, alla fine dei conti, ha qualcosa da raccontare.