Terminata la storia di Kazuma Kiryu, il team diretto da Toshiiro Nagoshi ha capito che la saga crime made in Sega necessitava di una ventata di aria fresca. Grazie a Yakuza: Like a Dragon arriva la svolta JRPG del brand. Scelta azzeccata o troppo coraggiosa?

Yakuza: Like a Dragon: benvenuto, Ichiban

Lasciati gli ingombranti panni di Kazuma Kiryu, e chiusa la parentesi investigativa dello spin-off Judgment, è tempo di far la conoscenza del nuovo protagonista della saga. Ichiban Kasuga appare fin dai primi momenti di gioco completamente diverso dal Drago di Dojima. Se quest’ultimo rappresentava in toto l’eroe giapponese spesso presente nell’immaginario nipponico, l’ultimo arrivato in casa Sega è un ragazzo decisamente più estroverso e ingenuo. Cresciuto esattamente come Kazuma nella movimentata Kamurocho, Ichiban è un eroe del popolo. Allevato dal gestore di una Soap Land e dalle “massaggiatrici” del locale, il piccolo orfano diventa uno Yakuza a soli sedici anni. Cresce battendosi per la parte più bassa della società giapponese, quella che vive nella perenne “zona grigia”, e questo lo porta spesso in situazioni spiacevoli.

Yakuza: Like a Dragon
Per gli affezionati della saga, il Clan Tojo non suonerà per nulla nuovo

Da uno di questi episodi parte la trama del gioco. Il giovane protagonista, per proteggere il proprio Patriarca, si assume la responsabilità di un omicidio non commesso, finendo in carcere per 18 lunghi anni. Una volta scontata la pena, il paese non è più quelli di prima, la Yakuza non è più quella di una volta. Ripresentatosi al suo ex capo, questi gli spara in pieno petto senza troppi convenevoli. Ichiban però ha la pelle dura e, lungi dall’essere morto, si risveglia tra la spazzatura di Yokohama. Qual è il senso di tutto questo? Al giocatore il compito di scoprirlo in questo viaggio tra la malavita nipponica, e non solo.

Like a Dragon (Quest)

Ichiban ben presto esprime il suo profondo amore per la saga videoludica Dragon Quest, creando uno degli espedienti di gameplay più interessanti degli ultimi anni. Il coraggiosissimo cambio di rotta da action a gioco di ruolo a turni viene contestualizzato grazie all’ossessione del protagonista per il brand JRPG più importante in Giappone. Ichiban vede ogni scontro come un incontro a turni, con tanto di statistiche, buff e debuff e questo porta spesso a scene esilaranti. I combattimenti in Yakuza: Like a Dragon cominciano appena si viene avvistati, creando una sorta di effetto “incontro casuale”. Ogni tasto è dedicato ad un azione e, nonostante il cambio di genere, le azioni a tempo hanno ancora un ruolo molto importante. Durante gli attacchi è infatti possibile infliggere un danno extra premendo con il giusto tempismo il tasto indicato a schermo, come a citare le Heat Action dei titoli precedenti.

Yakuza: Like a Dragon
Dragon Quest verrà nominato più e più volte

I personaggi del party, come in ogni JRPG che si rispetti, salgono di livello e devono essere equipaggiati a dovere, perciò una buona dose di farming è necessaria (anche se il livello di difficoltà non è mai ostico). Non è finita qui con i rimandi a Dragon Quest: Ichiban e gli altri protagonisti possono contare su un vero e proprio Job System, in senso letterale. A Yokohama è infatti presente un centro per l’impiego da visitare per scegliere un determinato lavoro che, come da tradizione ruolistica, va a influenzare le abilità e l’estetica dei personaggi. Questo sistema si dimostra spassosissimo nel contestualizzare lavori normalissimi in chiave Jrpg, e vi troverete più volte a sorridere davanti a scene folli.

Yakuza: Like a Dragon
Il posizionamento dei personaggi è molto importante durante gli scontri

Blue Light Yokohama

Abbandonata l’iconica Kamurocho, la città portuale di Yokohama è pronta ad accogliere l’ex Yakuza. Il precedentemente citato quartiere Isezaki Ijincho è completamente diverso dal quartiere del piacere di Tokyo. Il distretto che ospita gran parte di Yakuza: Like a Dragon è ampio almeno tre volte tanto il quartiere della capitale, ma è densamente meno popolato e meno luminoso. La sensazione che si prova nell’esplorare Yohohama è quella di vivere in una città industriale lontana dai fronzoli e dalle luci tokyensi, offrendo ai giocatori uno spaccato del Giappone contemporaneo probabilmente sconosciuto ai più.

Yakuza: Like a Dragon
Da notare in lontananza la Cosmo Clock 21, celebre ruota panoramica simbolo della città

La serie Yakuza ha esplorato diverse location nipponiche nel corso degli anni. Dalla plurivisitata Tokyo alle azzurre coste di Okinawa, dall’innevato Hokkaido alla soleggiata Hiroshima, la saga ha sempre offerto scorci memorabili. Anche questa volta l’obiettivo è stato centrato in pieno.

Isezaki Ijincho è piena delle attività che hanno fatto la fortuna del brand, come gli arcade e il karaoke – non preoccupatevi, Baka Mitai è presente – ma ne offre anche di nuove e ben riuscite. Tra cinema, coltivazione di piantine, bevute tra compagni, corsi di aggiornamento e gestione aziendale, le ore di gioco scorrono velocemente, bilanciando il ritmo spesso malinconico della storia principale. Yakuza: Like a Dragon offre una mole di contenuti davvero mastodontica, andando a superare anche l’enorme capitolo 0.

Dame da ne, dame yo, dame na no yooo (continuatela voi)

Tale cura contenutistica ha però un prezzo: il comparto tecnico non proprio all’avanguardia, almeno su PS4. Se i volti e le animazioni facciali, così come l’illuminazione generale e la regia sono come da tradizione su altissimi livelli, non è possibile dire lo stesso per quanto riguarda l’insistente riciclo di asset, modelli poligonali a bassa definizione di vestiti e oggetti di sfondo, e caricamenti non proprio immediati. Si tratta tuttavia di difetti minori visto che, nonostante l’uscita anche su console next gen, questo settimo capitolo è disponibile in Giappone ormai da un anno.

Trasformarsi da Koi a Dragone

I tatuaggi ricoprono un ruolo molto importante all’interno dell’ecosistema criminale nipponico, e ogni personaggio principale della saga appartenente a quel mondo porta sulla pelle un simbolo legato alla sua caratterizzazione. Se Kiryu poteva sfoggiare un dragone ascendente sulla schiena, simbolo della sua forza e della sua determinazione, Ichiban ha sulla propria schiena un Ryūgyo, la carpa drago.Secondo la leggenda, la carpa Koi che risale la cascata fino ad attraversare la porta del drago viene ricompensata dagli dei per la propria tenacia e determinazione con una nuova forma, quella del drago.

Questo, come tutti gli altri tatuaggi della saga, è opera del tatuatore giapponese Horitomo che da anni collabora con Sega

Questo tatuaggio è perfetto per il nuovo protagonista che, esattamente come la carpa drago, sta risalendo un fiume di difficoltà verso la grandezza, ma non ha ancora portato a termine il proprio percorso di crescita. Un personaggio quindi volutamente acerbo e ancora ben lontano dall’essere un maestoso Drago, ma con il quale è più facile empatizzare.

Un nuovo inizio

Se in Giappone questo nuovo capitolo è stato denominato semplicemente Yakuza 7, in occidente si è tentata una strada diversa. Il titolo non presenta nessuna numerazione, riportando semplicemente la traduzione letterale del titolo nipponico. Ryū ga Gotoku, titolo originale del brand, si traduce in “Come un drago”, senza nessun riferimento al termine Yakuza. Ora, grazie a un nuovo protagonista e un nuovo gameplay, questo titolo è più adatto che mai per segnare un nuovo inizio per un brand che solo di recente ha raggiunto la meritata fama anche in occidente. Yakuza: Like a Dragon è l’ennesima prova di coraggio di Toshihiro Nagoshi, un coraggio che premia portando nuova linfa vitale a una serie che rischiava di fossilizzarsi attorno a una formula fin troppo rodata e personaggi ormai troppo ingombranti.

L’eroe di domani

La svolta Jrpg sacrifica l’epicità degli scontri beat ‘em up in favore di un sistema più complesso e studiato, regalandoci la trama meglio scritta all’interno della saga, personaggi mai macchiettistici e un numero di contenuti fuori scala.


In definitiva Yakuza: Like a Dragon è un bellissimo capitolo per i fan storici, ma è soprattutto il perfetto punto di entrata nel brand per tutti coloro che, per un motivo o per l’altro, non sono mai riusciti ad avvicinarcisi. Ora, grazie anche alla presenza dei tanto richiesti sottotitoli in italiano, non ci sono davvero più scuse.