Io e Crash non abbiamo mai avuto dei buoni rapporti. Mentre in Italia quasi tutti giocavano (e gioivano) per le prodezze grafiche della prima PlayStation (sfoggiando molti titoli tra cui, appunto, Crash Bandicoot), parallelamente, nel mio caso, mi ero abituato a giocare ad altri platform che reputavo più interessanti rispetto al titolo tanto osannato da giocatori e critica: ad esempio Super Mario 64 su Nintendo 64. Era il il 1996. Siamo nel 2021 e a ben 25 anni distanza mi ritrovo a giocare al quarto capitolo di Crash Bandicoot ma questa volta con una differenza che, all’epoca, anche solo ipotizzarla poteva sembrare una vera e propria utopia: giocare (dopo la N’Sane Trilogy) a questo inedito titolo della serie su Nintendo Switch con colpevole ritardo dato che il titolo è arrivato precedentemente su PlayStation 4 e Xbox One per poi essere pubblicato solo recentemente su PlayStation 5, Xbox One Series X, PC e Switch. Dunque, come sarà andata questa esperienza con Crash Bandicoot 4: it’s About Time per l’ibrida targata grande N.? Scopriamolo insieme.

Il gioco si svolge poco dopo gli eventi del terzo capitolo: Neo Cortex, Uka Uka e N. Tropy si trovano prigionieri in una dimensione che non gli appartiene e senza alcuna possibilità di tornare sulla terra. Uka Uka, la nota maschera maligna di Cortex, sfruttando al massimo le proprie abilità riesce improvvisamente ad aprire un varco temporale che consente ai cattivi di fuggire e organizzarsi così per ottenere una vendetta contro il tanto odiato Crash. Anche se Neo Cortex appare perplesso da questa possibilità, Nefarious Tropy capisce che questa azione improvvisa ha in realtà risvegliato qualcosa di più grosso e potente: delle maschere quantiche che, se collezionate, potrebbero essere potenzialmente in grado di dominare non solo gli antagonisti ma anche l’intero universo. Riusciranno i nostri eroi a salvarci dai nemici e a compiere, nuovamente, questa impresa?

Ci sono due metodi per approcciare Crash Bandicoot: o lo si gioca passivamente in una run rapida (ma personalmente lo sconsiglio) avanzando livello per livello senza far particolarmente caso alle scatole da distruggere e alle mele da raccogliere, oppure, come invece mi sento di consigliare, collezionare tutto distruggendo qualsiasi cosa e prendendo, possibilmente, più mele possibili. Certo, così facendo ne potrebbe risentire la vostra sanità mentale e platinare il gioco non è un’impresa facile, tuttavia il livello di sfida sarà decisamente più appagante. Bisogna però tenere conto che l’andamento del gioco non è tutto rose e fiori, anzi, è facile ritrovarsi in difficoltà dato che non tutte le casse sono evidenti e non riuscire a portare a casa il risultato solo perché vi manca una cassa potrebbe essere alquanto frustrante. Ad ogni modo, Crash Bandicoot 4: It’s About Time può farvi passare diverse ore di divertimento – o di imprecazioni – a causa delle numerose morti a cui, probabilmente, ed inevitabilmente, si va incontro (c’è anche un countdown che le conta).

Il titolo è suddiviso in 38 livelli e per ogni mondo sono previste le relative battaglie con un boss. Analogamente ai precedenti videogiochi della serie, il giocatore può prendere i panni di Crash, Coco e altre diverse entità di cui, per non rovinarvi la sorpresa, non vi parlo qua, anche se alcune di esse sono ben note e già viste nei titoli del passato. Le fasi platform con i pg inediti, tuttavia, non si distanziano molto dal canonico stile del videogioco. Ognuno di loro ha una sua speciale caratteristica utile per superare alcune delle difficoltà del livello a lui dedicato, ma il focus rimane sempre lo stesso: distruggi le casse, colleziona le mele, cerca di ottenere una gemma e avanza fino alla fine del livello.

Tuttavia, nonostante il fan-service presente e qualche scelta di design non proprio accuratissima, non tutti i mali vengono per nuocere. É abbastanza palese che gli sviluppatori di questo nuovo capitolo si siano pigramente ispirati ai tre videogiochi della saga senza fare cambiamenti eccessivi al gameplay principale. Si sono concentrati però, diabolicamente, a riportare uno stile di gioco con una difficiltà amplificata, specialmente quando si va alla ricerca specifica di gemme nascoste, o delle stesse casse, rendendolo quindi, per certi versi, frustrante. Se si fa parte di quella categoria di giocatori fissati con i collezionabili, la sensazione finale che si prova è comunque di fastidio. Attenzione, faccio riferimento al mio caso specifico, non tutti potrebbero essere d’accordo e lo capisco. Così come comprendo che, se si riescono effettivamente a collezionare tutte le scatole, gemme e mele, un pizzico di soddisfazione la si potrebbe ottenere, ma a quale costo? Se non si ha la giusta pazienza, l’utente medio, per quanto fissato con i trofei, potrebbe tendere a non essere incentivato nel ricominciare una run. Inoltre la sensazione che si prova giocandolo è di un titolo che, per gli standard dei platform disponibili nel 2021, sembra abbastanza anacronistico.

Già nel 2018, quando uscì il remake con all’interno i tre titoli principali, sembravano essere invecchiati piuttosto male, soprattutto dal punto di vista delle meccaniche di gioco. Capisco che l’intento fosse quello di fare un platform che come richiamo abbia i titoli originali, tuttavia nel 2021 questo tipo di approccio risulta vecchio e statico se paragonato ad altri videogiochi di questo genere. Non bastano le piccole modifiche dovute alle quattro maschere speciali che donano poteri speciali fondamentali per superare i livelli.

Il titolo consente al giocatore di scegliere quale modalità utilizzare: la “Moderna” che consiste semplicemente nell’avanzare nel gioco con però numerosi vantaggi a propria disposizione, come le vite infinite (anche se ogni morte viene comunque conteggiata) o la possibilità di ripartire dal checkpoint, e la “Classica“, indistinguibile dai precedenti capitoli e pensata appositamente per chi vuole avere un approccio più “hardcore“. La prima è invece pensata principalmente per quella fascia di giocatori principianti. Se selezionata, dopo un certo numero di morti vi vengono consegnati degli “aiuti” come ad esempio le maschere di Aku Aku. Se invece siete amanti della sfida, mi sento di consigliare la controparte “Classica” che setta il gameplay su un’impostazione classica, con vite limitate e i frutti Wumpa con un’utilità, dato che guadagnandone 100 si ottiene una vita aggiuntiva. Insomma il classico Crash. Se invece parliamo della longevità, Crash Bandicoot 4: it’s About Time si assesta su buoni livelli: tra il collezionare tutte le scatole, le gemme e le prove a tempo sicuramente il titolo sa tenervi incollati allo schermo per almeno una quindicina di ore. Sono presenti anche dei livelli bonus sotto forma di vecchie VHS (che si trovano sparse in giro nei vari livelli) dove, tramite dei flashback, vengono racconti alcuni dei fatti inerenti al primo titolo della serie e, nello specifico, alla creazione di Crash e Coco ad opera del dottor Cortex. Quindi una nota di merito riguarda questa nuova forma di collezionabili che svela un po’ della lore del passato e che è presente esclusivamente in questo titolo. Tuttavia, su Nintendo Switch, il fattore collezionistico soffre terribilmente il peso di non avere dei trofei da sbloccare. In compenso sono presenti delle skin, dei piccoli costumi che si possono sbloccare a seconda delle gemme collezionate e che Crash può indossare durante il gioco. Una feature abbastanza superflua a meno che non siate amanti di questi orpelli estetici. Interessante anche la modalità “Speculare” presente nel gioco: in questa versione ci troviamo ad affrontare i livelli da un’altra prospettiva. In sostanza, partiamo dalla fine del livello per percorrerlo così in senso opposto.

Il titolo offre sicuramente tante prospettive interessanti e Crash sembra essere rinato a distanza di tanti, forse pure troppi, anni dall’ultimo capitolo della saga. Questo, oltre ad essere un bene, è anche, purtroppo, un male dato che il peso degli anni si fa sentire ed il gioco, nonostante si tratti di un inedito, potrebbe apparire agli occhi dei giocatori più datati anacronistico. Tuttavia è un buon compromesso per l’arrivo delle nuove generazioni videoludiche (anche se questo gap era stato parzialmente colmato dal remake di qualche anno fa) con Activision che sembra essere intenzionata, questa volta seriamente, a puntare sulla rinascita di questo brand.

Per il porting di Nintendo Switch, graficamente, è stato fatto un lavoro davvero eccellente (giusto le poche cutscene soffrono di un leggero lag) e sia in modalità portatile che in versione docked non ho trovato particolari problemi di framerate. Se volete acquistarlo, il titolo è disponibile nel Nintendo eShop al prezzo di 49,99 euro.