Poco più di una settimana fa ha iniziato a circolare questo grafico, una rappresentazione tramite aree dello sviluppo dell’industria videoludica dalla sua nascita ad oggi. I dati sono stati elaborati dal sito Visual Capitalist, e dividono il valore dell’intero mondo dei videogiochi per tipologia di supporto, quindi arcade, PC, console, mobile, console portatili, VR e Cloud.

Il grafico è tanto interessante dal punto di vista storico quanto da quello di una semplice analisi del mercato attuale. Se vogliamo capire le scelte delle aziende da cui dipende il nostro intrattenimento infatti, dobbiamo essere in grado di uscire dalla nostra bolla e guardare al quadro più ampio. Perché non sono le lamentele su Twitter a dettare le scelte dei consigli di amministrazione, sono i soldi. 

Questo primo articolo quindi parla solo del presente, in una seconda parte analizzererò l’intero grafico a partire dalla nascita del primo videogioco.

I caduti

Partiamo dagli ultimi, dalle aree che in quel grafico non ci sono più, o ci sono a malapena. Console portatili e Arcade possono considerarsi ormai pezzi d’archeologia. Non rappresentano più una parte consistente del mercato e questo spiega le scelte, recenti o meno recenti, delle due aziende simbolo di questo tipo di supporti: Nintendo e Sega.

Partendo dalla prima, quando Switch esordì nel 2017 alcuni storsero il naso all’idea che Nintendo avrebbe abbandonato la sua storica nicchia portatile per scommettere tutto su una console ibrida. L’addio alla dinastia cominciata con il Game Boy quasi trenta anni prima però era una mossa scontata, guardando questi dati. L’area grigia, che rappresenta le console portatili, arrivata alla sua massima estensione dieci anni prima, si era già assottigliata ai suoi minimi storici. 

Le motivazioni le vedremo in seguito parlando del gaming mobile, ma basta questo per comprendere come le scelte di Nintendo fossero meno un rischio e più un obbligo di quanto alcuni potevano credere tre anni fa.

Per quanto riguarda gli Arcade, è da lodare la resistenza che questa nicchia ha saputo dimostrare. Il cedimento definitivo infatti è arrivato negli ultimissimi anni, suggellato dal momento in cui anche Sega ha dichiarato che si sarebbe ritirata dal mercato delle sale giochi. La nicchia giapponese non basta più, il Coronavirus ha fatto il resto.

Console war e PC master race

Lasciatici alle spalle le spoglie del passato, passiamo al vero cuore pulsante della community dei videogiochi: le Console e il PC. Un valore complessivo di 75 miliardi di dollari, due mercati in crescita, con un picco recente quasi verticale.

Sembra tutto rose e fiori, ma in realtà basta guardare a qualche anno indietro per capire che c’è un problema per entrambi i supporti. Mentre su internet ci diamo battaglia serrata per capire quale tra le due console di nuova generazione sarà la migliore, con in sottofondo le risate dei PC gamer, stiamo ignorando un dettaglio non da poco. La crescita del mercato console è solo una contingenza, quella del mercato PC è lentissima. 

Per le aziende quotate in borsa non basta crescere. Essere appetibili agli investitori significa crescere più dell’anno precedente. Né i videogiochi PC, né tantomeno quelli console stanno percorrendo questa strada negli ultimi anni.

Per le console, il picco dipende quasi esclusivamente dalle vendite straordinarie di Nintendo Switch. Un’altra volta l’azienda di Kyoto è riuscita a tirare fuori un asso che nessuno si aspettava avesse e a sconvolgere il mercato. Ma è un caso. Non fosse per quello, il mercato sarebbe stagnante, fermo alle stesse vendite della generazione precedente, sempre meno dinamico, sempre meno appetibile.

Il mondo PC è messo relativamente meglio. La sua crescita è lenta, ma meno fluttuante rispetto a quello console. È un insieme di fattori a tenerlo sopra alla linea di galleggiamento. Gli MMO come World of Warcraft, i MOBA come League of Legends, anche Twitch sembra aver avuto un ruolo importante. Ma senza anche solo uno di questi fattori, anche il mondo dei computer finirebbe per somigliare a quello delle console.

Non c’è da stupirsi allora, se i giochi si fanno più inclusivi. Un’industria che ha bisogno di crescita deve cercare in tutti i modi di coinvolgere fasce della popolazione che non è riuscita fino ad ora a raggiungere. E se ormai hai tra i tuoi clienti tutti i maschi del pianeta, è ora di puntare all’altra metà della popolazione mondiale che fino ad ora ti ha ignorato.

Il vero re

Siamo quindi giunti al vero sovrano del mercato. L’enorme macchia rossa che si prende più della metà dell’estensione del grafico, 85 miliardi di valore. Il gaming mobile è ad oggi la maggiore fonte di introiti per l’industria videoludica. 

Ma non solo, questo valore sembra destinato ad aumentare. Fin dalla sua vera esplosione, con Angry Birds, il mercato mobile ha conosciuto una crescita esclusivamente esponenziale, tolto forse il solo biennio 2017-2018. I giochi mobile sono la vera maggioranza del gaming, silenziosa ma ricca. 

Può farci storcere il naso, ma il futuro sta sugli smartphone. Niente 120 fps in 8k, particellari esagerati o fotorealismo, le vere chiavi dell’industria sono portatilità, free to play e viralità. Il mobile è l’erede delle console portatili, e allo stesso tempo il responsabile della loro caduta. Pokemon go e Fortnite sono i due grandi nomi responsabili di una crescita così sostenuta negli ultimi anni, ma neanche questo mercato è esente da ombre.

Proprio quest’anno si è visto come in un mondo in cui i giochi costano zero, le transazioni in game diventino cruciali, e su questo campo di battaglia si scontrano i produttori e i nuovi distributori. La causa legale tra Apple ed Epic potrebbe decidere una fetta importante del mercato mobile per il prossimo futuro, ma difficilmente invertirà la rotta di un segmento in costante crescita.

Il futuro (?)

In alto nel grafico, quasi nascosto dalla prepotenza del gaming mobile, sta il futuro dei videogiochi, o presunto tale. La realtà virtuale e il cloud gaming sono ancora estremamente marginale, ma per molti rappresentano le nuove frontiere verso cui il mercato si sta muovendo.

Il VR in realtà più che un nuovo mercato sembra rappresentare una nicchia consolidata, in attesa che una tecnologia migliore la porti all’esplosione. Il suo andamento lento e costante ricorda i primi momenti delle console portatili, prima che il Game Boy le portasse alla ribalta.

Questo momento di nicchia però si sta prolungando ormai da anni. L’attesa del balzo tecnologico, del gioco rivoluzionario, assomiglia sempre più a quella di Godot. Nemmeno Half Life: Alyx è riuscito a smuovere il mercato significativamente, e forse la realtà virtuale non ha posto tra i grandi attori del mercato, almeno in questo decennio.

Il cluoud gaming è invece appena nato. I primi passi falsi di Stadia non hanno scoraggiato le grandi aziende, che hanno deciso di investire in servizi simili. Le potenzialità sono evidenti, la possibilità di liberare l’utente dalla necessità di avere un hardware performante sembra essere la spinta definitiva di cui i videogiochi hanno bisogno per sfondare definitivamente. L’unica incognita sono i giochi. 

I videgiochi per console e PC si portano dietro tre decenni di prassi e tradizioni che li hanno resi molto poco accessibili a chi non ha mai messo mano ad un gamepad. Ha davvero senso proporre Dark Souls tramite un servizio che punta ad una fascia di popolazione ampissima?

Il quadro più ampio

In conclusione, cosa ci dice questo grafico, sul mercato dei videogiochi nel suo complesso?

Ci dice che i videogiochi sono il futuro dell’intrattenimento. In un’industria, quella della cultura, che arranca per diversi motivi, i videogiochi sono l’unico segmento che riesce da almeno due decenni a portare avanti una crescita costante e esponenziale.

I libri non li legge nessuno, la musica è in crisi perché non riesce a monetizzare lo streaming, i cinema e i teatri muoiono e non solo a causa della pandemia. Solo l’intrattenimento interattivo cresce, e di questo dobbiamo essere felici.

Il futuro è roseo per il nostro hobby preferito, ci aspettano ancora anni di grandi giochi e grandi innovazioni, anche se magari qualcosa andrà perduto nel processo.