All’inizio di marzo Twitter ha ospitato un curioso sfogo collettivo, quello degli sviluppatori di videogiochi contro… le porte. Un oggetto semplice, presente nella vita quotidiana di tutti, ma che in un videogioco fa emergere problematiche di ogni tipo.

In seguito ad alcuni scambi di tweet tra sviluppatori, The Verge ha riportato la questione all’attenzione dei suoi lettori tramite un articolo, ma il problema è presente stabilmente nel mestiere dello sviluppatore di videogiochi ormai da anni. 

“La porta migliore è quella che non vedi”

Una porta fatta male è in grado di interrompere l’immersione di qualsiasi videogiocatore. Gli sviluppatori ne sono consapevoli, per cui l’obbiettivo di ognuno di loro è creare porte di cui l’utente non si ricordi. Secondo Pete Galbraith, sviluppatore presso Owlchemy Labs, una porta funziona se: 

“Sta bene nell’ambiente, è adatta al contesto, funziona esattamente come il giocatore si aspetta”

Ma non è sempre così semplice. Lo spiegano bene, nel sopracitato scambio di tweet, Stephan Hövelbrinks e Kurt Margenau. Una porta richiede un numero di animazioni altissimo per essere utilizzata realisticamente da un personaggio. Non può semplicemente aprirsi per magia, bisogna creare un’interazione con la maniglia.

Questo vale per l’esplorazione, ma quando si entra in modalità combattimento il realismo smette di essere importante, e bisogna pensare ai bug che una porta può provocare. Allora è meglio che si chiuda automaticamente, in modo da non creare problemi.

Poi bisogna tener conto anche dei movimenti del personaggio. Come animare una porta aperta o chiusa durante un scatto? E mentre il personaggio è accovacciato?

Forse è meglio farne a meno

Il contributo di Will Kerslake aggiunge un altro livello di complessità. Cosa accade quando nel movimento della porta sono coinvolti altri personaggi? In particolare quando si tratta di personaggi non giocanti, guidati dall’intelligenza artificiale. Il quantitativo di bug che si possono creare diventa infinito.

Questo conduce molti sviluppatori a decidere che forse, delle porte, è meglio fare a meno. Kerslake sottolinea come, se si presta attenzione, moltissimi giochi evitino del tutto di mettere porte in situazioni di gameplay. Non ne vale la pena.

Siamo troppo abituati a come una porta funziona, a come appare, persino ai suoi che produce. Il livello di dettaglio che serve per renderle realistiche è sproporzionato ai risultati. In più, come nota Galbraith, ci sono determinate caratteristiche che, anche se poco realistiche, il nostro cervello decide di ignorare.

Ad esempio, anche se nel mondo reale quasi tutte le porte si aprono in una sola direzione, spesso nei videogiochi non è così. Le porte si aprono come è più conveniente allo sviluppo del gioco, e spesso non sono coerenti, aprendosi una volta da un lato, e quella successiva dall’altro. Questo però sembra non infastidire particolarmente i giocatori. Secondo Galbraith:

“Quando le porte raggiungono una verosimiglianza tale che il cervello le accetta come tali, si arriva ad un livello di accettazione per cui il giocatore smette di chiedersi perché ogni porta si apra sempre verso l’esterno”